Tocca a noi. Siamo arrivati ad un bivio cruciale per l’Italia e per il nostro futuro: o si imbocca la strada dell’equità, della crescita e del sostegno al lavoro, alle imprese e alle famiglie; o si imbocca un vicolo cieco che ci porterà verso la demagogia e il declino. Questa è la posta in palio con le elezioni di domenica e lunedì.
Tocca a noi mettere al centro di ogni politica futura l’emergenza del Lavoro: rifinanziare gli ammortizzatori sociali per chi rischia di perdere il posto e chi l’ha già perso, sostenere le imprese che investono, attuare politiche per affrontare il dramma della disoccupazione giovanile.
Tocca a noi detassare il lavoro, riducendo il differenziale che c’è tra il netto percepito dal lavoratore a fine mese e il lordo pagato dall’impresa, che fino ad oggi è stata la principale causa della precarietà diffusa. Tocca a noi rendere più conveniente investire un euro sul lavoro e sulla produzione, piuttosto che sulla speculazione finanziaria.
Tocca a noi far ripartire gli investimenti per rilanciare la scuola pubblica, l’Università, la formazione, che sono le fondamenta su cui si regge un Paese e si costruisce futuro. E tocca a noi dire che la cultura non è un costo, ma un valore imprescindibile per valorizzare e rinverdire la nostra identità, le nostre tradizioni e avere una maggiore consapevolezza di ciò che siamo e potremmo essere.
Tocca a noi riformare il sistema del welfare e della sanità: rifinanziando i fondi per le politiche sociali (a partire da quello per la non autosufficienza), smettendola con le nomine fatte in sanità sulla base dell’appartenenza a partiti o comitati d’affari e privilegiando il merito e le competenze; tocca a noi ridurre la spesa sanitaria, renderla omogena in tutte le Regioni, e utilizzare quei risparmi per potenziari i nostri servizi e continuare a assicurare la salute come un diritto universale e accessibile a tutti.
Tocca a noi fare dell’ambiente non un problema ma una opportunità per lo sviluppo; una politica economica interamente ecologica deve coincidere con una nuova politica industriale, di cui l’Italia ha disperato bisogno. Tocca a noi dare futuro all’edilizia, settore fondamentale per l’economia, interrompendo il consumo indiscriminato di suolo e spostando tutti gli incentivi che ci sono nella direzione della riqualificazione energetica e strutturale degli edifici, nonchè sulle energie rinnovabili, il risparmio energetico e il sostegno all’agricoltura.
Tocca a noi riformare la pubblica amministrazione, dallo Stato ai Comuni, in maniera organica; per spendere meno e spendere meglio i soldi che ci sono, coinvolgendo in questa scelta i cittadini e i lavoratori della pubblica amministrazione. Tocca a noi spingere per allentare il Patto di stabilità e consentire ai Comuni con i bilanci in ordine di fare investimenti e sostenere le imprese e il lavoro.
Tocca a noi promuovere lo sport, non solo come attività agonistica bensì come attività ludica, come palestra di vita e di valori, come luogo dell’integrazione sociale, dell’aggregazione giovanile, del benessere psicofisico. Tocca a noi promuovere modalità nuove di mobilità, incentivare gli investimenti sul ferro anzichè sulla gomma, ma anche l’utilizzo della bicicletta (con un piano per la realizzazione di piste ciclabili).
Tocca a noi forlivesi riprenderci il ruolo che ci compete all’interno del Parlamento. Da cinque anni non siamo adeguatamente rappresentati, finalmente con queste elezioni avrebbero la possibilità di tornarci. Tocca a noi contribuire al cambiamento, necessario e doveroso, della politica, come abbiamo cercato di fare a Forlì, con la scelta delle primarie (vere e combattute) per individuare i nostri candidati al parlamento.
Tocca a noi domenica e lunedì votare chi è in grado di assicurare al Paese la stabilità e la governabilità che le situazione economica ci impone. Stabilità di governo significa continuità dei provvedimenti che servono alle imprese, alle famiglie, ai disoccupati, a chi rischia di perdere il posto di lavoro, ai professionisti. Tutti abbiamo bisogno di stabilità, di un governo che governo e che, se sbaglia, possa democraticamente essere cambiato alle elezioni successive.