Venerdì 15 marzo 2013, il giorno dell’insediamento della XVII legislatura. Il mio primo giorno da deputato. Una emozione indescrivibile, perché non ci sono parole per trasmettere fino in fondo quello che ho provato nell’entrare dentro l’emiciclo di Montecitorio, in quel tempio sacro della Repubblica e della Democrazia italiana. La commozione che ho sentito di fronte all’accavallarsi di sensazioni e pensieri, per la mente che vola a chi mi è stato vicino in questi anni, alle persone più care, alle tantissime donne e uomini che mi hanno dato fiducia, al mio territorio che mi ha eletto. La prima giornata è stata soprattutto questo.
Sul piano politico non è stata una giornata con particolari sussulti: per tre volte ho votato scheda bianca nei tre scrutini per l’elezione del presidente della Camera. L’ho fatto perché il mio gruppo, il Partito Democratico, ha scelto questa linea per tenere aperta fino all’ultimo l’ipotesi di candidature largamente condivise da gran parte dell’arco parlamentare. E’ stata la prima volta in vita mia in cui ho votato scheda bianca.
Durante la giornata ho preso contatti con gli altri neo-deputati, in particolare quelli del mio gruppo ma non solo; ho cercato di orientarmi dentro gli infiniti uffici e corridori del palazzo di Montecitorio, ho pranzato al ristorante veloce della Camera dei deputati. Su Facebook ho pubblicato lo scontrino, non per dimostrare qualcosa, ma solo per documentare quanto si spende per un pranzo alla Camera. Per un primo, un dolce e una mezza bottiglia di acqua naturale, ho speso 10,50 euro.
La gran parte della prima giornata si è svolta nel ‘famoso’ Transatlantico, il corridoio antistante l’aula, in cui si incontrano gli altri parlamentari. Molti dei contatti e delle riunioni ‘informali’ si svolgono lì. Zona a cui hanno accesso anche i giornalisti, a caccia (giustamente) di informazioni e curiosità da rilanciare sulle agenzie di stampa.
Sabato mattina la seduta riprenderà con l’elezione (finalmente) del presidente. Che, a mio parere, deve segnare in maniera forte la discontinuità e il cambiamento che questa nuova legislatura deve inesorabilmente segnare per questo Paese. O si cambia o ci si rassegna al declino. Noi, io, vogliamo cambiare (come poi i fatti hanno dimostrato).