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Ustica, il mistero irrisolto del volo Itavia: 43 anni di inchieste e interrogativi

Tra teorie di complotto e rimpalli di responsabilità: una storia d’Italia che rimane senza risposta

Era una serata come tante altre, quella del 27 giugno 1980. Un aereo Dc-9 della compagnia Itavia decollò da Bologna diretto a Palermo, un volo apparentemente ordinario. Tuttavia, quella notte sarebbe passata alla storia come una delle più enigmatiche e complesse della storia d’Italia Scomparso dai radar tra le isole di Ustica e Ponza, l’aereo si inabissò nel Mar Tirreno, portando con sé la vita di 81 persone.

La tragedia scatenò immediatamente un vortice di indagini, teorie e sospetti. Meno di 24 ore dopo la sparizione del velivolo, i primi resti emersero dal mare. Il pubblico ministero di Roma, Giorgio Santacroce, fu incaricato di esaminare gli “atti urgenti” dell’indagine, dando inizio a un percorso giudiziario che, ancora oggi, non ha portato né a un chiarimento definitivo né all’identificazione dei responsabili.

Le prime teorie: cedimento strutturale o sabotaggio?

Gli esami iniziali suggerirono un possibile cedimento strutturale del Dc-9, ma già circolavano voci di una bomba o di un missile come possibili cause dell’esplosione. Queste ipotesi sembrarono acquisire ulteriore credibilità quando, a metà luglio dello stesso anno, i resti di un Mig libico furono scoperti sui monti della Sila. Il ritrovamento alimentò la speculazione che il Mig potesse essere collegato alla tragedia del Dc-9, forse come parte di una più ampia operazione militare.

La svolta: il relitto e i servizi segreti

Nel 1982, la Commissione ministeriale scartò l’ipotesi del cedimento strutturale, orientandosi invece verso la teoria di un’esplosione esterna, causata da un missile, o interna, causata da una bomba. Solo nel 1984 si decise di recuperare il relitto: un’operazione avviata nel 1986 e affidata a una società francese che, come si scoprirà successivamente, aveva legami con i servizi segreti.

Depistaggi e alto tradimento: la trama si infittisce

Nel 1989, una commissione coordinata dall’ingegner Massimo Blasi corroborò la teoria del missile, affermazione che non fece che alimentare le tensioni e le teorie del complotto. Il giudice Rosario Priore prese il caso nelle sue mani nel 1990, succedendo al giudice Vittorio Bucarelli. Nel 1992, molti ufficiali e sottufficiali dell’Aeronautica militare furono incriminati per depistaggio, distruzione di prove e falso. Inoltre, sette generali furono accusati con l’aggravante dell’alto tradimento.

Tra guerra e giustizia

Nel 1997, emergono nuovi dettagli: l’aereo Itavia si trovava, suo malgrado, al centro di uno scenario di guerra, con numerosi velivoli militari non tracciabili nei paraggi. A seguito di questa scoperta, il giudice Priore inviò nove persone a processo: quattro generali dell’Aeronautica furono accusati di attentato agli organi costituzionali con l’aggravante dell’alto tradimento, mentre altri cinque furono accusati di falsa testimonianza.

Assoluzioni e fine del calvario giudiziario?

Anni dopo, la Corte d’Assise d’Appello assolse i generali Bertolucci e Ferri da ogni accusa di depistaggio. Un verdetto che fu confermato in via definitiva nel 2007, sebbene nessuna risposta definitiva sia stata fornita alla domanda fondamentale: cosa è realmente accaduto quella notte?

Dopo 43 anni di ricerche inconcludenti, rogatorie internazionali e rimpalli di responsabilità, la tragedia del volo Itavia rimane un enigma che continua a pesare sulla coscienza collettiva dell’Italia. Una storia d’Italia che, come il Dc-9 inabissatosi nel Tirreno, sembra destinata a rimanere irrisolta, sommersa da strati di mistero, ambiguità e, soprattutto, di doloroso silenzio.

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