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Giustizia, detenzione preventiva: meno carcere, più misure alternative

Continua l’impegno del parlamento in questa legislatura sui temi della Giustizia. Un nuovo importante provvedimento è stato approvato questa settimana alla Camera (dopo la prima lettura al Senato) che ora tornerà a Palazzo Madama per l’approvazione definitiva. Lo scopo di questa nuova legge è quello di ridurre la carcerazione preventiva, rendendola una misura estrema da adottare in casi più specifici; per contro, però, si ampliano le misure alternative al carcere. La detenzione, ad esempio, non sarà necessaria nel caso in cui sarà sufficiente il divieto di esercitare una professione e il ritiro del passaporto o l’obbligo di dimora.

MOTIVAZIONE ARTICOLATA Gli obblighi di motivazione si intensificano. Il giudice che dispone la cautela non potrà infatti più limitarsi a richiamare ‘per relationem’ gli atti del pm ma dovrà dare conto con autonoma motivazione delle ragioni per cui anche gli argomenti della difesa sono stati disattesi.

MISURE INTERDITTIVE Aumentano (dagli attuali 2 mesi) a 12 mesi i termini di durata delle misure interdittive (sospensione esercizio potestà genitori, sospensione esercizio di pubblico ufficio o servizio, divieto di esercitare attività professionali o imprenditoriali) per consentirne un effettivo utilizzo quale alternativa alla custodia cautelare in carcere.

REATI GRAVI E DI MAFIA Per i delitti di mafia e associazione terroristica resta la presunzione assoluta di idoneità della misura carceraria. Per gli altri delitti gravi (omicidio ad esempio, violenza sessuale, sequestro di persona per estorsione, etc.) vale invece una presunzione relativa: niente carcere se si dimostra che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.

CARCERE EXTREMA RATIO Saltano gli attuali automatismi applicativi: la custodia cautelare in carcere potrà essere disposta soltanto quando siano inadeguate le altre misure coercitive o interdittive. Tali misure, a differenza di quanto è oggi, potranno però applicarsi cumulativamente. Inoltre, la misura della custodia cautelare non potrà essere applicata se il giudice ritiene che, all’esito conclusivo del giudizio, possa essere sospesa la pena.

GIRO DI VITE SUI PRESUPPOSTI Per giustificare il carcere il pericolo di fuga o di reiterazione del reato non dovrà essere soltanto concreto (come è oggi) ma anche ‘attuale’.

VALUTAZIONE STRINGENTE Il giudice non potrà più desumere il pericolo solo dalla semplice gravità e modalità del delitto. Per privare della libertà una persona l’accertamento dovrà coinvolgere elementi ulteriori, quali precedenti, i comportamenti, la personalità dell’imputato, etc.

MOTIVAZIONE ARTICOLATA Gli obblighi di motivazione si intensificano. Il giudice che dispone la cautela non potrà infatti più limitarsi a richiamare ‘per relationem’ gli atti del pm ma dovrà dare conto con autonoma motivazione delle ragioni per cui anche gli argomenti della difesa sono stati disattesi.

MISURE INTERDITTIVE Aumentano (dagli attuali 2 mesi) a 12 mesi i termini di durata delle misure interdittive (sospensione esercizio potestà genitori, sospensione esercizio di pubblico ufficio o servizio, divieto di esercitare attività professionali o imprenditoriali) per consentirne un effettivo utilizzo quale alternativa alla custodia cautelare in carcere.

REATI GRAVI E DI MAFIA Per i delitti di mafia e associazione terroristica resta la presunzione assoluta di idoneità della misura carceraria. Per gli altri delitti gravi (omicidio ad esempio, violenza sessuale, sequestro di persona per estorsione, etc.) vale invece una presunzione relativa: niente carcere se si dimostra che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.

CONTROLLI RAFFORZATI Cambia in profondità la disciplina del riesame delle misure cautelari personali. Il ‘tribunale della libertà’ avrà tempi perentori per decidere e depositare le motivazioni a pena di perdita di efficacia della misura cautelare. Che, salvo eccezionali esigenze, non potrà più essere rinnovata. Il collegio del riesame dovrà inoltre annullare l’ordinanza liberando l’accusato (e non come oggi integrarla) quando il giudice non abbia motivato il provvedimento cautelare o non abbia valutato autonomamente tutti gli elementi. Tempi più certi anche in sede di appello cautelare e in caso di annullamento con rinvio da parte della cassazione.

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