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Delusi e arrabbiati, ma al bando la rassegnazione

Centinaia di persone hanno partecipato martedì sera 23 aprile alla assemblea aperta organizzata dal PD forlivese per discutere di quanto accaduto la scorsa settimana sul voto per la presidenza della Repubblica e sul futuro del Paese. La riunione si è aperta con una dettagliata ricostruzione degli eventi, quasi minuto dopo minuto, da parte del deputato Marco Di Maio, che ha raccontato nel dettaglio come si sono svolte le cose.

“La scelta di Napolitano – ha spiegato – è arrivata al termine di un travaglio insopportabile che si è vissuto in quelle ore. A sancire il punto di rottura irreversibile dentro al gruppo dei ‘grandi elettori’ è stato il tradimento indegno e irricevibile dei 101 che non hanno votato per Romano Prodi, nonostante il voto unanime del gruppo. Quello è stato un omicidio politico, che rischia di mettere a rischio tutto il PD”.

Molto diversa la vicenda della bocciatura di Franco Marini. Di Maio è tra coloro che nella assemblea dei ‘grandi elettori’ davanti a Bersani ha alzato la mano per votare contro la proposta e che poi non ha votato (come la maggioranza degli esponenti Pd e come tutti i parlamentari dell’Emilia-Romagna) Marini nella prima votazione. “Bersani è arrivato con il nome di Marini in assemblea – ha raccontato Di Maio – 220 persone hanno alzato la mano per votare sì, 90 per il no e 30 gli astenuti. Tutti gli esponenti di Sel non hanno partecipato, perché in dissenso, alla votazione. Oltre 100 persone sono fuggite dalla sala. Era evidente che nonostante la maggioranza relativa, su Marini il PD non era d’accordo. Ma si è voluti andare avanti lo stesso ed è stato un errore”.

“E’ inaccettabile – ha detto ancora Di Maio – che si addossino le colpe dell’omicidio politico di Romano Prodi e del pasticcio della presidenza della Repubblica ai giovani e ai neo-eletti, magari perché influenzati eccessivamente dai social network. Posso assicurare, perché ci ho vissuto dentro, che c’è stato un lavoro organizzato per far fuor Prodi e forse perché a qualcuno questo PD non va più bene. Vogliono altro. Da notare, poi, che dentro ai gruppi parlamentari non si è mai neppure discussa l’ipotesi di votare Rodotà, partendo dal fatto, a dire il vero, che il Movimento 5 stelle non ha mai realmente aperto ad un dialogo ponendosi così: se volete dialogare fate come diciamo noi, altrimenti niente”.

“I neo eletti, i deputati più giovani, sono quelli che hanno sofferto di più quanto avvenuto. E votare Napolitano, è stata l’estrema-ratio, l’unica condizione possibile per eleggere un presidente all’altezza del ruolo e senza ulteriori pasticci. Insomma – ha ribadito Di Maio – non è stata la scelta che ci piaceva di più, ma quella che in quel momento ci è sembrata la migliore nell’interesse del Paese”.

Intenso il dibattito con oltre 20 interventi dal pubblico, di vario tenore. Apprezzato il comportamento tenuto del deputato forlivese di fronte alle scelte sul Quirinale, a viso aperto e nella massima chiarezza e trasparenza delle posizioni. Sul tema del Governo prevale la consapevolezza che difficilmente si potrà evitare di votare la fiducia alle indicazioni che darà Napolitano, ma differenti le opinioni su come il nuovo Esecutivo dovrà essere composto e con quale mandato.

“Dentro al gruppo parlamentare – sintetizza Marco Di Maio – porterò il dissenso, la delusione e lo scoramento di questa assemblea; avanzerò anche alcune condizioni per le quali, a nostro parere, può nascere questo Governo. Che dovrebbe essere di scopo, finalizzato a fare una nuova legge elettorale, qualche riforma istituzionale e interventi urgenti in campo economico e del mercato del lavoro. Fatte queste cose di deve tornare a votare. Questa sarà la posizione che porterò; poi si voterà a maggioranza (mi auguro in modalità diverse da come si è fatto sul presidente della Repubblica) e quella che ne uscirà dovrà essere la posizione di tutti”.

Tanti accorati appelli affinché il PD rinnovi completamente la propria classe dirigente e si svolga al più presto un congresso, non basato sui nomi ma sulle posizioni politiche, sui nodi fondamentali non affrontati, che definiscano una volta per tutte cos’è il PD e dove vuole andare. Un congresso che possa rafforzare non solo il Pd ma tutto il centrosinistra anche in vista delle prossime elezioni amministrative del 2014, scadenza più vicina di quanto sembra e che rende necessario attrezzarsi in tempi brevi per affrontare per tempo le sfide elettorali.

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