Analisi delle difficoltà e delle potenziali implicazioni dell’emendamento alla legge sulle Province per elevare Cesena al rango di capoluogo nella provincia di Forlì-Cesena
Ha generato una lunga serie di reazioni l’ipotesi di istituire un secondo capoluogo nella provincia di Forlì-Cesena, elevando la città di Cesena allo stesso rango istituzionale di Forlì.
L’intento di questo articolo non è quello di fornire un’opinione personale sul tema (dispiace solo che sia sparito ogni tipo di ragionamento sulla dimensione romagnola e sull’ipotesi di creare una sola Provincia anziché le tre attuali).
Lo scopo è analizzare la situazione e aiutare il gentile lettore a meglio comprendere di cosa stiamo parlando.
Situazione Attuale
La situazione attuale nella provincia di Forlì-Cesena è caratterizzata dalla coesistenza di due capoluoghi, Forlì e Cesena. Forlì è riconosciuta ufficialmente come capoluogo, con tutte le attribuzioni e i privilegi amministrativi che ne derivano, mentre Cesena, pur essendo una città di notevole importanza economica e culturale, non ha la stessa parificazione.
Questa situazione ha generato dibattiti e discussioni tra le comunità delle due città e ha sollevato importanti questioni relative alla gestione delle risorse, all’allocazione dei fondi pubblici e all’equità nel trattamento tra le due realtà urbane. La richiesta di ottenere la contitolarità sostanziale del capoluogo di provincia da parte di Cesena, ha suscitato diverse aspettative da parte di categorie economiche, sindacali e cittadini.
E’ un tema che già venne affrontato e lungamente dibattuto al momento della nascita della provincia di Forlì- Cesena, avvenuta nel 1992. Attualmente l’equiparazione tra Forlì e Cesena è prevista solo per l’indennità dei sindaci, come previsto dall’allegato A del decreto del Ministero dell’Interno del 30 maggio 2022 che ha stabilito il riparto dei fondi necessari a finanziare l’aumento degli stipendi previsti per gli amministratori locali.
Con una specifica nota, infatti, è spiegato che nell’assegnazione dell’incremento indennità “considera i comuni di Urbino, Carrara e Cesena alla stregua dei comuni capoluogo di provincia”.
Cosa davvero prevede l’emendamento
Il testo dell’emendamento presentato prevede quanto segue: «I capoluoghi di provincia sono fissati per legge nel comune che dà denominazione alla provincia. Nel caso di province con doppia o tripla denominazione, il capoluogo è fissato in ciascuno dei comuni che ne danno denominazione.».
Tuttavia, è doveroso precisare che il testo di tale emendamento (presentato da alcuni senatori del Partito Democratico) non solo non è stato approvato, ma deve ancora ricevere il parere dovuto dal Governo e essere discusso, eventualmente, dalla Commissione competente, la Affari costituzionali, Presidenza del Consiglio e Interni.
Si tratta di un testo che, qualora venisse approvato presenterebbe numerosi problemi applicativi. Innanzitutto, non specifica la procedura di attivazione dell’eventuale parificazione dei capoluoghi, lasciando spazio a incertezze e confusione riguardo al criterio di selezione in caso di doppia o tripla denominazione.
Inoltre, non illustra se l’eventuale parificazione comporterebbe uno sdoppiamento delle funzioni dello Stato ubicate nel capoluogo, come Prefettura, questura, comando dei carabinieri, agenzia delle entrate, ecc. Ciò potrebbe generare complicazioni operative e amministrative nelle province coinvolte.
Il testo non chiarisce nemmeno se la parificazione valga solo per le Province che contengono nella propria denominazione il nome di due o più città (come Forlì-Cesena, Pesaro-Urbino, Massa Carrara, Barletta-Andria-Trani che peraltro ha già diviso a tre il capoluogo) o anche per quelle che includono zone del territorio (Monza-Brianza e Verbano-Cusio-Ossola, ad esempio).
Se l’emendamento valesse solo per le province contenenti il nome delle città nella denominazione, ciò potrebbe suscitare reazioni, contestazioni e ricorsi da parte di altre province “plurinominali”, generando potenziali disuguaglianze e tensioni tra diverse aree territoriali.
Conseguenze di una eventuale approvazione
La richiesta di parificazione di altre città al rango di capoluogo viene messa in relazione con la possibilità, per i comuni capoluogo di provincia, di poter accedere a finanziamenti del Pnrr riservati solo ad essi e dunque preclusi alle altre città.
Sul piano meramente teorico è una ragione di indubbia validità, ma nella pratica risulta inattuabile, alla luce del fatto che se ‘bastasse’ sdoppiare la denominazione della propria provincia per consentire a due città di accedere al riparto dei fondi per i comuni capoluogo, è facile immagine che altre Province potrebbero procedere nella medesima direzione (ad esempio cambiando la denominazione di quella di Modena in Modena-Carpi, o Ravenna-Faenza, Rimini-Riccione e così via).
Sul piano tecnico, risulta difficile immaginare un parere favorevole del Ministero dell’interno a questo emendamento, date le numerose implicazioni che comporterebbe la parificazione di due città allo status di capoluogo nelle forme previste dell’emendamento (che non indica modalità operative di gestione di questo cambiamento).
Avendo due comuni capoluogo nella stessa provincia, come verrebbe gestita l’ubicazione di Prefettura, Questura, Agenzie dello Stato e altri servizi che normalmente trovano sede nella sola città capoluogo? Quali garanzie ci sono che non verranno richiesti sdoppiamenti di servizi sui due capoluoghi e non verranno rivendicati, dai comuni parificati al rango di capoluogo, altri ‘diritti’ o prerogative?
Prendiamo il caso di Barleta-Andria-Trani, l’unica provincia d’Italia con tre capoluoghi. I servisi sono divisi su tre città e mentre la sede legale della provincia è ad Andria, ma quella istituzionale a Trani mentre la Prefettura si trova a Barletta; la direzione provinciale dell’Inps è ad Andria, ma quella dell’Inail a Barletta; l’Agenzia delle Entrate e il comando della Guardia di Finanza sono a Barletta, ma la Questura è ad Andria; e così via per tutte le attività. Non proprio un esempio di efficienza.
Conclusioni: una soluzione difficile (ma non impossibile)
In sintesi, la proposta di Cesena capoluogo risulta difficilmente applicabile e ancor più complessa appare la possibilità che si possa arrivare ad una sua approvazione in sede parlamentare, sia per la probabile contrarierà del Ministero dell’Interno sia per il fatto che rappresenterebbe un precedente sulla base del quale potrebbero innestarsi numerosi implicazioni in molte altre province italiane.
La mancanza di specificità nella procedura di attivazione dell’eventuale parificazione dei capoluoghi e l’assenza di chiarezza riguardo allo sdoppiamento delle funzioni statali tra i comuni parificati sollevano interrogativi sulla fattibilità e sulla gestione pratica di tale proposta.
Tale contesto di incertezze e possibili controversie conseguenti, rende poco probabile l’approvazione dell’emendamento da parte del Governo e della Commissione competente. Infine, va evidenziato il rischio che la richiesta di parificazione al rango di capoluogo per altre città potrebbe innescare un effetto domino, suscitando richieste simili da parte di altre province italiane con situazioni analoghe.
Questo scenario potrebbe comportare un’ulteriore complessità nel processo decisionale e una potenziale frammentazione delle attribuzioni e delle prerogative tra diverse città, rendendo ancora più difficile una soluzione omogenea e coerente su scala nazionale.
Alla luce degli ostacoli e delle incertezze emerse nell’analisi dell’emendamento proposto, sembra altamente difficile che possa essere approvata e attuata. Di conseguenza, la situazione attuale nella provincia di Forlì- Cesena nel breve-medio periodo sembra essere destinata a perdurare.