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Le Alpi e il Record dello Zero Termico: l’impatto sulle montagne del cambiamento climatico

Un’analisi sul record dello zero termico negli Alpi nel 2023. Dagli eventi della Marmolada al monitoraggio di MeteoSvizzera. Come il “climate change” sta modificando le montagne.

Le Alpi sono testimoni di una crescente e preoccupante tendenza climatica: per la seconda volta in due mesi, è stato battuto il record dello zero termico, un fenomeno che ha ovvio implicazioni sul delicato ecosistema montano e che certifica in modo più evidente quali sono gli effetti del cambiamento climatico in atto.

Lo scorso 25 luglio, nel pieno di un’ondata di calore che aveva arroventato quasi tutto il continente europeo, i ghiacciai alpini avevano visto l’altitudine dello zero termico salire a 5184 metri. Questo fenomeno si è ora ripetuto, con misurazioni ancora più alte.

I dati raccolti dalla stazione di Cameri con palloni sonda indicano che lo zero termico è salito a 5.328 metri, un aumento che gli esperti considerano allarmante.

“Il singolo evento potrebbe non sembrare importante”, ha spiegato all’ANSA il glaciologo Massimo Frezzotti dell’Università Roma Tre, “ma è la sequenza di eventi che rende la situazione grave, soprattutto quando i record si susseguono con frequenza in un unico anno”. In effetti, non era mai accaduto dal luglio 1995 che lo zero termico si verificasse oltre i 5.000 metri.

Questo aumento progressivo dell’isoterma di zero gradi ha effetti significativi sull’ambiente montano. Non solo modifica gli habitat di flora e fauna ma segnala anche un allarme per la stabilità dei ghiacciai, come è stato dimostrato dal disastro della Marmolada e dal crollo di saracchi sul Grand Combin durante l’estate del 2022.

Questi eventi non sono isolati ma rappresentano il culmine di una lenta progressione che viene monitorata da decenni. I dati dellUfficio federale svizzero di meteorologia e climatologia, MeteoSvizzera, evidenziano che l’altitudine media dello zero termico è aumentata costantemente. Dal 1961 al 1990, l’altitudine era inferiore a 3.400 metri, ma dal 1990 è progressivamente salita, con un incremento di circa 90 metri ogni 10 anni e un’accelerazione osservata a partire dagli anni ’70.

La preoccupazione non si limita ai mesi estivi. Anche in inverno, il fenomeno continua, con l’altitudine media dello zero termico che dal 1991 al 2020 si è spostata a 2.600 metri durante la stagione fredda.

La situazione diventa ancora più allarmante considerando le recenti osservazioni di Frezzotti riguardo al susseguirsi di giornate e nottate calde che non permettono alla neve di ricongelare. “Quello che è stato previsto sta accelerando”, avverte. “Dopo le nevicate della primavera scorsa, ci aspettavamo una pausa nei cambiamenti dei ghiacciai durante l’estate, ma ciò non è avvenuto.

Questo record dello zero termico segna un campanello d’allarme per la salute dei ghiacciai delle Alpi, già instabili e assediati dal caldo. Sottolinea l’importanza di comprendere e affrontare gli impatti del cambiamento climatico sul nostro ambiente naturale, con possibili conseguenze devastanti se non affrontate con urgenza e attenzione. Le Alpi ci stanno dicendo delle cose: è ora che tutti, ma prioritariamente chi ha il potere di prendere decisioni, prenda nota e agisca di conseguenza.

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